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C'è una forma paradossale di negazionismo nel dibattito politico-culturale italiano secondo il quale il solo evocare il comunismo ai giorni nostri vuol dire fare un'operazione bassamente propagandistica perché esso sarebbe morto e sepolto nel secolo passato, per cui parlarne oggi significherebbe solo evocare un fantasma e chi lo fa non è politicamente corretto. Vogliamo, quindi, concentrare la nostra attenzione sull'Italia, partendo dalla constatazione dell'esistenza di almeno due anomalie rispetto a quella che dagli anni Quaranta fino al 1989 è stata chiamata Europa occidentale. La prima anomalia è rappresentata dalla storia del nostro capitalismo, la seconda è costituita dalle caratteristiche della sinistra italiana. Vogliamo fare i conti con una storia, quella del comunismo italiano, che non è finita né nel 1989, per il crollo del Muro di Berlino, né alla Bolognina, né con il cambio del nome dal PCI in PDS prima e poi nei DS, ma che - evidentemente in forme atipiche, aggiornate, talora addirittura paradossali e contraddittorie - è durata sotto molteplici forme politiche fino ai giorni nostri.